Il Cloud cambia le attitudini dei CIO

Il nuovo paradigma informatico richiede modalità di lavoro e competenze differenti rispetto a quelle del passato. L’associazione CIONet identifica 3 tipologie di Chief Information Officer e rivela le forti differenze tra Italia ed Europa

di Piero Todorovich – 01 Febbraio 2013

Il Cloud non renderà inutile la figura professionale del CIO, ma richiederà impegno nello sviluppo di nuove attitudini. Questo vale per le grandi imprese italiane che, molto più delle piccole e medie, appaiono anticipare questo specifico trend di cambiamento.

La questione delle competenze e del ruolo che deve oggi avere il CIO sono centrali nell’impegno di CIONet Italy, associazione che raccoglie circa 500 tra responsabili IT di grandi imprese. “Tema sul quale l’associazione ha creato un gruppo di ricerca dedicato – spiega Alfredo Gatti, fondatore di Nextvalue e managing director di CIONet – per identificare i fattori di cambiamento e, in modo più pratico, aiutare a identificare i criteri della figura ideale, per l’elezione del CIO dell’anno”.
La classificazione delle attitudini
In base alle competenze, CIONet riconosce tre tipologie di CIO: “Il technology driven, il business process driven e il client driven”, spiega Gatti.

La prima tipologia riguarda CIO che si occupano prevalentemente di seguire l’evoluzione delle tecnologie. “Di solito sono persone preparate tecnicamente, che hanno compiuto il loro percorso professionale all’interno dell’azienda, e che malgrado l’attenzione all’innovazione, costituiscono la frazione più tradizionale”.

I business process driven, sono invece “i CIO che hanno le loro competenze nei processi aziendali e che spesso sono stati chiamati in azienda per aiutare l’allineamento tra IT e business”.

I client driven, infine: “sono CIO che hanno le loro massime attitudini nel rapporto con clienti, partner e fornitori esterni. Tra i più preparati al Cloud, presiedono bene l’intera catena del valore aziendale, non solo dell’IT. Sono prevalenti nelle aziende che operano sui mercati consumer”.

Ovviamente non si tratta di categorie assolute: “ma solo di affinità, che vengono stabilite in base a un algoritmo molto complesso, che analizza il tempo dedicato alle diverse attività”, precisa Gatti
Le differenze tra Italia ed Europa
Dall’osservatorio di CIONet sulla professione (dati 2012) risulta che i CIO technology driven, ossia con le competenze più tradizionali siano in Italia pari al 42% del totale, contro il 37% in Europa.

Una forchetta ancora maggiore ci separa nelle competenze di processo (17% in Italia contro il 41% in Europa), mentre, inaspettatamente, i CIO client-driven salgono al 41% in Italia, contro il 22% in Europa.

Quest’ultimo dato è positivo: “Si spiega parzialmente con il fatto che in CIONet sono rappresentate molte aziende della moda e del made in Italy che hanno una forte cultura del consumatore e nell’esternalizzazione dei servizi, IT compresa”, precisa Gatti
In cerca del mix ideale di competenze
Benché non sia univoco il rapporto tra categorie di CIO e Cloud, è interessante analizzare le tipologie di CIO che sono riscontrabili nelle aziende che stanno già utilizzando o hanno avviato progetti di Cloud Computing.

“Al momento abbiamo soltanto il dato europeo, non essendo ancora completata una analoga indagine in Italia. Da questa risulta che tra le aziende che usano o hanno avviato progetti cloud, i CIO technology driven sono il 17%, i business process driven pari al 47% e infine i client driven 36%”, spiega Gatti.

Un dato che evidenzia bene le forti differenze rispetto alla media generale delle aziende: sia rispetto alle tipologie di CIO che è possibile trovare in Europa, ma ancor più rispetto a quelle italiane.

Fonte: ICT4Executive.it